Archivio mensile:giugno 2011

A love story. Capitolo 1: i parcheggi sotterranei

Altrove, assai lontano di quì! Troppo tardi! Forse mai!
Perchè ignoro dove fuggi, né tu sai dove io vado,
tu che avrei amata, tu che lo sapevi!

Charles Baudelaire, A una passante

A.A.A. Persone romantiche cercasi. Rare quanto un ufficio postale senza fila, in via di inevitabile estinzione. Ma dove siete? E se ci siete, dove vi nascondete? Sabato sera ero a Cesenatico con alcune amiche; una di loro ha condiviso con noi il racconto della sua storia d’amore appena nata: una sera stava cercando parcheggio nel sotterraneo di piazza Otto Agosto, a Bologna. Individuatone uno, le viene soffiato. Ne trova un altro, si incammina verso le scale mobili per uscire dal parcheggio, dietro di lei le persone che le avevano rubato il posto. Alla fine della serata, si reca nel sotterraneo per il ritiro dell’auto, quando un biglietto posizionato sul cruscotto cattura la sua attenzione: una frase simpatica, un nome, un numero di telefono. E’ l’inizio di una storia nata da un gesto di inguaribile audacia maschile, che però, confesso con non poca amarezza, credevo esistesse solo nei film. All’ amore basta poco, come vedete, per nascere: coraggio, tutto qui, un po’ di avventura, un pizzico di entusiasmo. Curiosità, perchè tutti potremmo essere potenziali anime gemelle di qualcuno, senza rendercene conto. In ogni passante che incrociamo per strada, in ogni sconosciuto potrebbe celarsi l’amore della nostra vita. Lo so che poi le difficoltà arrivano successivamente, so per per far sopravvivere una storia è necessaria tanta buona volontà che sfortunatamente, non appartiene a tutti: tendiamo a dare per scontato che una storia d’amore possa finire, da un momento all’altro, esaurita la passione iniziale. Così il mondo si popola di persone fredde, ciniche, aggressive. Le donne, a quarant’anni soprattutto, dopo un fallimento coniugale, subiscono il peggiore mutamento: capelli ultra lisci neri corvini, pelle color cioccolato sottoposta a varie ed eventuali lampade abbronzanti, piercing al naso o peggio all’ombelico, tatuaggio su caviglia, spalla o seno raffigurante una farfalla o una fata o un delfino, abiti turchesi ultra succinti, scarpe che farebbero venir voglia di cambiare mestiere a Manolo Blahnik, ma soprattutto, un’ostentata e alquanto imbarazzante indipendenza dal sesso maschile che, a quei livelli credetemi, risulta davvero poco credibile. Le quarantenni al secondo giro, chiamiamole così, escono in branco, vanno a ballare, fumano sigarette slim e parlano a voce alta con timbri vocali sempre più simili a quello di Maria de Filippi. Qual è il prototipo maschile corrispondente? Il commendatore da yacht club, ovviamente: mocassino Tod’s, jeans a vita alta, giacca blu navy, capello un po’ unto e un po’ lungo, con lieve accenno ad una imminente calvizie anteriore. Il commenda vive la fine del matrimonio come una fantastica possibilità di ritorno dagli amici: la prigonia della vita di coppia finisce, che comincino le danze e i peregrinamenti da un locale all’altro, a caccia di giovani neodiplomate postacneiche. Risultato: le donne sono di una volgarità disarmante, aggressive quanto basta da far scappare a gambe levate qualsiasi esemplare maschile; gli uomini sono tristi, in questo loro ritorno alla caccia alla volpe, cinici e carichi di un bagaglio esperienziale che li rende ancora più noiosi e pesanti. L’unica caratteristica che accomuna le due categorie: entrambe sono totalmente e fortemente disilluse nei confronti dell’amore. Ecco quindi i nuovi killer sentimentali, coloro che contribuiscono alla scomparsa dell’amore romantico, fatto di casualità, di sguardi e di sorrisi, di fiducia nei sentimenti. Non vorrei essere scambiata per una brutta copia di Francesco Alberoni, ma per me l’amore è come un esame all’università: appena dato l’esame si ha una conoscenza dettagliata e approfondita della materia, che però, con il passare del tempo, si trasforma in un substrato di conoscenza. Le nozioni non sono più così fresche ma rimangono dentro di noi, sotto forma di bagaglio culturale. L’amore più o meno è uguale: la passione iniziale non dura per sempre, ma si trasforma in un qualcosa di più profondo, meno violento ma più maturo, che si impossessa di noi, come un morbo, e non ci lascia più. Chi non ha conosciuto l’amore vero, quindi, lo considera destinato a finire, a fallire come un’azienda gestita male, che per un cattivo investimento perde tutto il capitale. Le storie possono andare avanti per moto perpetuo, senza troppe emozioni, ma destinate a durare per sempre. Le storie di vero amore, sono fatte di alti e bassi, di momenti di estrema euforia che si contrappongono a momenti di serie difficoltà e sono a rischio di fine, se le persone coinvolte non sono in grado di gestire queste ondate di bianco e nero, con la giusta maturità e responsabilità. E’ difficile, lo so, ma credetemi, incontrare il vero amore al giorno d’oggi, con tutte le sofferenze che comporta, in questo mare di disillusione, è davvero un colpo di fortuna: vale la pena viverlo.

Cinderella balla lo swing tra le macerie, e il sogno realtà diverrà

Effettivamente, un soldato che torna dalla guerra deve fare lo stesso effetto di un principe azzurro, bello, luminoso e sorridente, in divisa, un po’ malconcio, ma pur sempre eroe sopravvissuto. Una Londra degli anni ’40 distrutta dai bombardamenti, ancora più tetra del solito quindi, polverosa, minacciosa, fumogena e tombale, non poteva certo ospitare una Cinderella in versione colf ancora in cerca del principesco baldanzoso sul cavallo bianco, no, va bene che le favole non hanno età ma c’è un limite a tutto. Matthew Bourne torna quindi a farci sognare ma stavolta il lieto fine è molto più vicino alle nostre vite di quanto possa essere stata la versione di Perrault o dei fratelli Grimm; la guerra, la paura, la speranza di poter rivedere, un giorno, la persona amata, gli amori consumati tra una corsa al rifugio e un’altra, gli abbracci rubati senza farsi vedere dalle truppe nemiche. Gli amori nati durante la guerra hanno sempre un qualcosa di estremamente romantico, forse perchè ne intuiamo la sofferenza, le difficoltà e Bourne, da vero genio, non poteva scegliere epoca più adatta per ambientarvi il suo Cinderella, dove la matrigna è un’ubriacona che negli anni del proibizionismo si fa portare le bottiglie di gin di nascosto; le sorellastre non sono poi così racchie e nemmeno così perfide, anzi, a perfidia vengono battute dai fratellastri, inclini ai dispetti nei confronti della povera Cenerentola, che non può far altro che trovare affetto e conforto tra le braccia del patrigno reduce di guerra, costretto a sua volta alla sedia a rotelle. Sono loro gli unici due a non essere invitati alla festa, non un pomposo ricevimento a palazzo ma un party semiclandestino in  locale di dubbia fama, pieno di fumo, soldati e belle ragazze che ballano freneticamente, al ritmo (sembra) dello swing, ma che in realtà è liberamente adattato alla straordinaria partitura di Sergej Prokof’ev, composta, tra l’altro, proprio in quegli anni, tra il 1940 e il 1944. E’ incredibile l’effetto che fa vedere i ballerini esibirsi nei balli tipici dell’epoca ma che però, in realtà, hanno come base le sinfonie di Prokof’ev, incredibile ma forse, voluto dallo stesso compositore, in fondo, che con una certa lungimiranza a sua volta è probabile che si fosse già immaginato una Cenerentola charlestoneggiante che anzichè essere accompagnata al ballo da una sontuosa carrozza rosa viene invece caricata su un sidecar bianco stile Sanlio e Ollio. A proposito, non vi ho ancora parlato della fatina, artefice nella nota favola di tutto l’ambaradan di trasformazioni che portano poi al lieto fine che tutti conosciamo: per Matthew Bourne la fatina è in realtà un fatone tutto muscoli biondo ossigenato, a metà strada tra un personaggio di Dark Angel e una rivisitazione di Spike di Buffy l’Ammazzavampiri, un uomo quindi, a coronare il sogno di Cenerentola, un po’ heavy metal, ma in linea con il punto di vista di Bourne, tra l’altro già reso noto con la sua versione tutta al maschile del Lago dei Cigni. La ricostruzione anche attraverso i costumi ha avuto il suo peso nella riuscita di questo balletto come sicuramente anche la scenografia, suggestiva e non troppo invasiva, secondo il mio punto di vista, ma viva soprattutto nel momento in cui tutto crolla e sembra voler creare un implosione nella città, cercando quindi di far scomparire tutto, i sentmenti, le emozioni, come in un sogno, come se non fossero mai esistiti. Ma l’amore, ancora una volta vince su tutto, e ci commuove fino alle lacrime nel gran finale alla stazione, dove alcuni, mogli e soldati, si ritrovano, dopo una lunga separazione, e altri invece, si salutano con un arrivederci pieno di speranze o con un addio scaramantico. Loro, Cenerentola e il suo soldato, fortunatamente appartengono alla prima categoria, e come in uno dei tanti film dell’epoca citati continuamente dallo stesso Bourne nello spettacolo, la stazione diventa scenario di questo sogno, finalmente divenuto realtà.

Le invasioni barbariche

Tu quoque, Brute, fili mi!

Eh sì, fossero state queste le parole di Silvio dinanzi ai risultati elettorali, ma non vorrei sopravvalutare la qualità delle sue imprecazioni, che molto probabilmente si saranno fermate ad un lombardissimo cribbio! Possiamo quindi solo immaginare lo shock del Cavaliere dopo essere venuto a conoscenza che, ebbene sì, il centrosinistra ha vinto anche nella terra natìa, nella Madre Patria, nella sua Itaca…

Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Arcore mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque

Rosalba Colombo, neoeletto sindaco di Arcore

Non c’è più religione, anche ad Arcore ha vinto il candidato del centrosinistra: il nuovo sindaco infatti sarà Rosalba Colombo, la quale ha ottenuto il 58.49 % delle preferenze mandando al tappeto il candidato avversario Enrico Perego. Ma cosa sta succedendo?

L’orda di centrosinistra come un’invasione di barbari del Nord ha conquistato nettamente il territorio, peninsulare e insulare, segnando un nuovo inizio, quello che io chiamo l’ondata di sinistra, che si palesa, a cadenza periodica, non solo in Italia ma anche nel resto del mondo. Pare proprio che ogni quindici anni si verifichi questo turn over politico, durante il quale viene effettuato un totale e radicale cambio della guardia, facendo sì che la fazione opposta a quella governante conquisti piano piano fette territoriali fino ad arrivare alla vera e propria presa di potere. L’ultima fin troppo evidente è avvenuta nel 1996, quindi proprio quindici anni fa: Romano Prodi, candidato del Pds, vince le elezioni politiche e diventa Presidente del Consiglio; l’anno dopo nel Regno Unito, il laburista Tony Blair diventa Primo Ministro britannico. L’anno successivo, nel 1998, anche la Germania affronta questa ondata di centrosinistra: viene infatti eletto Cancelliere Gherard Schröeder, del partito socialdemocratico tedesco. Nel frattempo, negli Stati Uniti, si inseriva, tra un Bush e l’altro, il democratico Bill Clinton, amico fraterno di Blair e così simile, per tanti aspetti, all’amatissimo Kennedy. A parte Chirac che in Francia porta avanti una coalizione di centrodestra, nonostante le sue simpatie passate per il Partito Comunista, e la Spagna, che vedrà la luce con Zapatero solo nel 2004, si può dire che la precedente ondata di centrosinistra abbia avuto il suo culmine tra il 1996 e il 1998. Ora, non posso dire con assoluta certezza che si stia verificando la stessa cosa, ma di sicuro i dati non mentono: a parte la Calabria e qualche caso isolato, il centrosinistra ha veramente sbancato le elezioni amministrative, creando quindi, forse, una sorta di preambolo a quello che potrebbe succedere alle prossime elezioni politiche: un cambio della guardia. I presupposti sembrano esserci, nel senso, pare che i consensi il Cavaliere li abbia davvero persi e il risultato di Arcore a parte gli scherzi non è assolutamente da sottovalutare. I rapporti con i Trotas e compagnia bella sembrano davvero essersi incrinati notevolmente, pensate solo alla proposta di trasferire alcuni ministeri al Nord…

Quindi, è tempo di cavalcarla, questa ondata, di armarsi e partire: è tempo ancora di primarie, se necessario, di creare una linea politica decisa ma soprattutto coesa, di scegliere un leader forte e convincente. Ce la possiamo fare? Non lo so, la vittoria se vogliamo ci viene quasi servita su un piatto d’argento, vediamo solo di non trasformarlo in piombo…

Loro, nel frattempo, organizzano la battaglia: il Premier taglia teste a destra e a manca e designa come prossimo delfino il buon vecchio Angelino, che fa anche rima e che come l’ultimo degli Highlander si guarda attorno, con aria tronfia e sembra voler dire: ne resterà solo uno.