La felicità non è felicità senza una capra che suona il violino

Gli odori che si sentono la domenica mattina sanno di messa e sugo.

Stamattina sono andata a fare la mia solita passeggiata e mi sono accorta che gli odori che sento la domenica non li sento nessun altro giorno della settimana. Camminavo tra le strade della città, strade che a quell’ora erano piuttosto vuote, ma che sembravano comunque animate grazie agli odori; passando accanto alle finestre, non vedevo nessuno dentro, ma sapevo che c’era qualcuno in cucina, che probabilmente preparava il pranzo della domenica, il pranzo classico, occasione che porta i figli a trovare i genitori, i nipoti i nonni, e così via. Ho sempre odiato la domenica, per questa ritualità, per la tristezza che mi mette addosso;  non so perchè, ma la domenica non è mai stato per me un giorno di festa, non sono mai riuscita a godermelo interamente, perchè comincio sempre a pensare alla settimana lavorativa che mi aspetta. Come giustamente ha detto Massimo Lolli nel suo libro, il lunedì arriva sempre di domenica pomeriggio. Ultimamente però sto cominciando a riscoprire la domenica, ad apprezzarla proprio per questo suo lato rituale, per l’abitudinarietà alla quale è collegata, questa abitudinarietà dalla quale ho sempre cercato di tenermi alla larga poichè come si sa, se la conosci la eviti, se la conosci non ti uccide. Invece sentire quegli odori, pensare alle famiglie che si riuniscono, che mangiano questi primi a base di ragù, di tortellini in brodo, che si raccontano la propria settimana, non so, mi ha fatto pensare alla mia infanzia. E quando ti toccano il tasto infanzia, è la fine, scatta immediatamente la musica di C’era una volta in America, e le lacrime si sprecano. Quell’infanzia trascorsa nel piccolo paese, un paese molto guareschiano, vissuto nel dualismo tra il rosso e il nero, tra la chiesa da una parte e il partito dall’altra. Un’infanzia trascorsa a scuola dalle suore, che ovviamente mi volevano a messa tutte le domeniche, ma fortunatamente dopo la messa mi veniva sempre a prendere mio padre per portarmi in sezione, al Pci. Questa era la mia domenica. Un’oretta pre-pranzo passata assieme ad un gruppo di ultra sessantacinquenni armati di Unità sotto il braccio che urlavano come si urlava in borsa una volta; però c’era sempre da mangiare qualcosa, la maggior parte delle volte c’era la polenta con la salsiccia, e io quindi non capendo minimamente di che cosa si stesse parlando passavo il mio tempo così, nella tana dei compagni, a fare una specie di aperitivo. Tutte le domeniche erano così, ma non mi stancavano mai, come non mi stancano adesso a ripensarci. E’ vero, non era proprio la domenica canonica quella che passavo io, ma era la mia domenica, fatta di messa, politica, e sugo, dopo la politica. Alla fine non conta quello che fai, non conta che sia speciale o meno, dipende se entra a far parte della tua quotidianità. Nella mia c’era questo: era la mia capra che suona il violino, la domenica al Pci. Sì perchè se ci pensate, la felicità è fatta solo di cose straordinarie, di capre che suonano il violino? No, la felicità è fatta soprattutto di routine; è la routine che ci fa essere felici, perchè ci dà le certezze che cerchiamo, che ci fanno andare avanti. Quindi forse dovremmo smettere di pensare che solo le cose speciali, quelle fuori dal comune, quelle che non abbiamo mai fatto, possano renderci felici, possano rendere la nostra vita degna di essere vissuta: a volte anche una domenica passata in famiglia, qualcosa che fai sempre, che hai sempre fatto e che farai per il resto della tua vita, può veramente fare la differenza, farti sentire che no, non stai buttando via il tuo tempo. Una passeggiata in città, una serata passata a leggere, non ci tradiranno mai. Come non ti tradiscono mai gli odori della domenica: non smetterò mai di sentirli.

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